L’ex rabbino capo di Roma Elio Toaff è morto domenica sera nella Capitale. Avrebbe compiuto a fine aprile 100 anni. I funerali dovrebbero svolgersi lunedì pomeriggio a Livorno. Storico l’incontro di Toaff con Giovanni Paolo II alla Sinagoga della Capitale, nell’aprile del 1986 (preceduto, nel 1981, dalla visita dello stesso Toaff alla chiesa di San Carlo ai Catinari, nei pressi del Ghetto). Era considerato in modo unanime una delle massime autorità spirituali e morali ebraiche dell’Italia nel secondo dopoguerra. Con un tweet il premier Matteo Renzi ha espresso il suo cordoglio: «Un pensiero carico di gratitudine e affetto per il rabbino Elio Toaff, grandissimo italiano e uomo simbolo della comunità ebraica».
Di Segni: «Un gigante»
L’attuale presidente della comunità, Riccardo Di Segni , non ha avuto mezzi termini: «Un grande della storia, un gigante. Un uomo che ha fatto la resistenza e ha ridato orgoglio alle nostre comunità. Un uomo del risorgimento ebraico romano ed italiano». Fabio Perugia, portavoce della comunità, ha poi precisato all’agenzia Agi: «In queste ore apriremo i templi per pregare per l’anima di Rav Toaff, la più grande guida spirituale e rabbinica che la Comunità ebraica italiana ha conosciuto».
La guerra e la fucilazione mancata
Nato nel 1915, Elio Toaff conobbe in giovinezza l’umiliazione delle leggi razziali. Si laureò a fatica in giurisprudenza, perché nessun professore voleva dare la tesi a un ebreo. Voleva andare in Palestina come i fratelli, ma il padre, rabbino di Livorno, lo avviò agli studi rabbinici e lo invitò a rimanere in Italia, perché un rabbino deve rimanere con la sua gente. Gli anni della guerra furono durissimi, specie a partire dal 1943, quando era rabbino ad Ancona. In fuga con la moglie Lia, Toaff fu catturato dalle SS e condannato alla fucilazione. E mentre si scavava la fossa, si mise a pregare. Lo notò un capitano che, commosso, alla fine, lo fece fuggire. Con sapiente ironia, Toaff, negli anni scorsi ricordava l’ episodio, mentre gli brillavano gli occhi: «La preghiera mi ha salvato». Dal ’46 al ’51 ricoprì l’incarico di rabbino capo di Venezia.
Livorno, poi Roma
Innamorato della libertà, cresciuto nel clima cosmopolita e tollerante di Livorno (il vescovo della città fece suonare le campane al passaggio del funerale del padre, il rabbino Alfredo Toaff). Rav Elio toaff ha dedicato la sua vita alla ricostruzione dell’ebraismo italiano, parzialmente annientato dalla Shoah, riportandolo alla fede, alla cultura ebraica e alle opere della Comunità. Ha guidato la comunità romana dal 1951 al 2001: «Ritengo doveroso, dopo cinquant’ anni di servizio, accomiatarmi…», aveva annunciato lasciando il suo ruolo a Di Segni.
I rapporti con il cristianesimo
Durante la sua vita, Toaff ha dato un significativo contributo al dialogo ebraico-cristiano, grazie ai suoi rapporti con il mondo cattolico. Già nel ’58 ebbe parole di apprezzamento per la controversa figura di Pio XII, affermando alla sua morte: «Più che in ogni altra occasione, abbiamo avuto l’opportunità di sperimentare la grande compassione e la grande generosità di questo Papa durante gli anni della persecuzione e del terrore, quando sembrava non ci fosse per noi più alcuna speranza». Nei suoi scritti, inoltre, il rabbino emerito ricordava con favore gli anni di Giovanni XXIII, e il Concilio Vaticano II. che con l’approvazione della dichiarazione Nostra aetate dava una svolta definitiva ai rapporti tra le due religioni escludendo la responsabilità collettiva degli ebrei per la morte di Gesù, condannando ogni forma di antisemitismo.
Gli altri incarichi
Oltre al suo ruolo spirituale, ha ricoperto diverse cariche nella comunità ebraica italiana: presidente della Consulta rabbinica italiana per molti anni, direttore del Collegio rabbinico italiano e dell’istituto superiore di studi ebraici, direttore dell’Annuario di Studi Ebraici. Inoltre era membro dell’Esecutivo della Conferenza dei rabbini europei fin dalla fondazione nel 1957 e dal 1988 era entrato a far parte del Praesidium.
Qué EL ALTÍSIMO le De Cunsuelo a su Familia.
Z”L